lunedì 27 marzo 2017

La Vergogna è una Malattia Mentale

Il titolo di questo post è volutamente provocatorio ed è cosi impostato per aiutarvi a portare meglio l’attenzione su un aspetto che tratterò qui di seguito.
Spesso mi capita di sentire o di leggere frasi, soprattutto rivolte ai politici, ma anche, a volte, a persone che hanno fatto un qualcosa che non si condivide,  del tipo: “Vergognati!” o “Sono senza vergogna” o simili…

Da queste frasi sembrerebbe che la vergogna sia un sentimento nobile, il quale sia necessario ad impedire all’umanità di fare azioni “sbagliate” o malvagie, o in qualche modo riprovevoli.

In realtà, la vergogna, allo stato naturale, è un’emozione che non esiste. Essa infatti è un’emozione artificiale, creata dalla nostra stessa mente, a seguito di credenze indotte dall’esterno o introiettate acriticamente.
Ad esempio: sin da piccolo ti dicono che è sbagliato fare una certa cosa, oppure semplicemente i genitori o anche altre persone, quando fai una determinata cosa ti guardano male, come se stessi facendo qualcosa di profondamente sbagliato, e, se dai peso a quegli sguardi o prendi per vere quelle parole, inizi a provare vergogna.
Stessa cosa accade se lo fanno nei confronti di qualcun altro e tu sei presente.
La vergogna è una forma di paura del giudizio degli altri, un condizionamento.

Il cercare di far provare vergogna (o sensi di colpa, ad esempio, che funzionano in un modo non molto diverso) ad altri quando fanno qualcosa che non ci piace, in realtà non produce nessun effetto positivo. Infatti quando una persona si comporta in un modo apparentemente positivo, poiché se non lo facesse e venisse scoperta proverebbe vergogna, allora è segno che quella persona agisce in quel modo solo per la paura del giudizio degli altri, e non per il proprio essere interiore o il proprio amore per gli altri.

C’è una differenza enorme tra chi agisce in un modo per paura del giudizio degli altri, e chi invece agisce allo stesso modo per un suo sentire interiore.

Colui che agisce bene per paura del giudizio degli altri, infatti, sta soltanto alimentando sempre più la propria ombra, e prima o poi questo suo lato ombra uscirà fuori, inevitabilmente, e lo farà con gli interessi, cioè in modo abbondantemente amplificato rispetto a quanto avrebbe fatto sin da subito, nel caso in cui non avesse avuto tale condizionamento.
Chi agisce bene in modo spontaneo e naturale, invece, continuerà a farlo in ogni caso, anche se non osservato, e lo farà con amore sempre crescente.

Da questo punto di vista, quindi, i politici che rubano e non provano vergogna, stanno un passo avanti rispetto a quelli che lo fanno e provano vergogna: hanno un condizionamento in meno da superare. Tuttavia, la persona ideale sarebbe quella che, pur essendo in condizione di rubare, e non provando né vergogna, né sensi di colpa, né paura, ed essendo magari anche consapevole che non sarà mai scoperta da nessuno, non lo fa, poiché quello è il suo vero sentire interiore, ed è l’Amore, verso il popolo, o verso chiunque altro, che la guida.

Dopo ciò che ho scritto, vorrei concludere con un’ultima considerazione: se provate vergogna per qualcosa, non condannatevi o non reprimete la vergogna, poiché essa è un condizionamento che vi è stato messo, e che potrete superare soltanto riconoscendolo, prendendo consapevolezza e arrivando alla comprensione interiore di ciò che ve lo innesca.
Ognuno ha dei condizionamenti in questo mondo, e in realtà, anche essi hanno una o più funzioni, la più importante delle quali è, secondo me, aiutare ad individuare un aspetto di sé da conoscere, comprendere e superare.
Si potrebbe dire che ogni condizionamento ci indica un limite da superare, e ciò è possibile grazie ad  una sua comprensione interiore; ogni comprensione interiore porta con sé una maggiore libertà, e una maggiore capacità di amare.

Un mondo migliore può essere creato non imponendo all’umanità certi comportamenti tramite condizionamenti vari o tramite la paura di una punizione, ma aiutando gli individui, uno ad uno, a far emergere il loro vero “sentire”, a vivere con consapevolezza e a sviluppare una sempre maggior comprensione. 

domenica 5 marzo 2017

Anima e Apparato Psicofisico

Forse avrai notato che la mente tende ad andare a fissarsi più su ciò che riteniamo negativo che su ciò che riteniamo positivo.
Ciò accade poiché la mente, cosi come tutto il nostro apparato psicofisico[1] è strutturato per la sopravvivenza.
Cosi, per la nostra sopravvivenza, è meglio scambiare un ramoscello per un serpente e fuggire piuttosto che scambiare un serpente per un ramoscello, magari prendendolo o calpestandolo facendoci mordere o uccidere.
L’apparato psicofisico quindi ci spinge prima di tutto ad evitare la morte, la sofferenza e le esperienze dolorose, e solo successivamente, eventualmente, a ricercare la felicità, cioè solo quando si sente al sicuro.

L’Anima invece, ci spinge a fare esperienze che gli sono necessarie per crescere ed evolvere. Per l’Anima la morte non esiste, essendo immortale, e la sofferenza è un’esperienza cosi come lo è la gioia. L’apparato psicofisico, invece, quando muore….muore davvero.

Così, chi è centrato nell’Anima, ama la vita, ma non teme la morte. Chi si identifica nell’apparato psicofisico, non ama la vita, ma teme la morte.

L’apparato psicofisico, una volta raggiunta una certa sicurezza di sopravvivere, pur di mantenerla, smette di agire o agisce di routine, e cerca di opporsi ad ogni cambiamento, anche se la vita che sta vivendo non lo soddisfa.
Una volta raggiunta tale situazione, può essere smosso e spinto a cambiare soltanto di fronte ad una fortissima sofferenza.

Chi è identificato con l’Anima invece, va di fronte ad ogni nuova esperienza con gioia, essendo consapevole che, piacevole o dolorosa che possa essere, porta con sé la possibilità di nuove comprensioni e di un ulteriore passo evolutivo.


[1] L’Apparato psicofisico è quella nostra parte che comprende i 3 corpi più “densi” dell’individuo: corpo fisico, corpo astrale (emozioni e desideri), e corpo mentale (pensieri).